I cicloni tropicali sono tra i fenomeni meteorologici più violenti, distruttivi e affascinanti che possono verificarsi il nostro pianeta. Laura, Sandy, Irma, Katrina, sono solo alcuni dei nomi assegnati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale a questi sistemi tempestosi così formidabili. Questi sono fenomeni che portano quantità elevate di pioggia, accompagnata da venti veramente forti. In Italia e nel mediterraneo questi eventi sono piuttosto rari, anche se tendono a diventare più frequenti.
Nel bacino del mediterraneo tendono a formarsi in forma meno violenta (solo rispetto a cicloni e uragani che si formano negli oceani) e vengono ribatezzaati come “Medicane” MEDIterranean hurriCANE, uragano mediterraneo, con il nome scientifico di Mediterranean Tropical-likes Cyclones. Se sei curioso di monitorare, rilevare i dati dei venti, e le quantità di pioggia accumulate di questi eventi, acquista una stazione meteo per casa tua. Ti consigliamo la lettura del nostro articolo sulle migliori stazioni meteorologiche sul mercato.
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Cicloni Tropicali, cosa sono e come nascono:
I cicloni Tropicali da non confondersi con i fenomeni atmosferici come supercelle che generano tornado, sono fenomeni che si sviluppano in prossimità dell’equatore, nella fascia compresa tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno (da qui l’appellativo “tropicale”), sono più frequenti durante la stagione estiva e autunnale quando la temperatura è particolarmente caratterizzata da aria calda e umida.
Le alte temperature equatoriali fanno si che l’acqua evapori raggiungendo quote altissime e andando incontro ad un improvviso calo della temperatura.
Attraverso questo passaggio, da caldo a freddo, avviene il fenomeno della condensazione: Il vapore acqueo salendo nell’atmosfera si raffredda velocemente trasformandosi in nubi, grandi masse d’aria costituite da minuscole particelle di acqua condensata.
L’acqua che evapora lascia sotto di se una zona di bassa pressione atmosferica, che sarà il vero e proprio motore del ciclone. infatti, questa zona di bassa pressione attira l’aria fredda circostante generando delle correnti che favoriscono , a loro volta, l’ulteriore evaporazione e la conseguente condensazione di altro vapore acqueo , in un processo ciclico che si auto alimenta.
Quali forze agiscono sulla formazioni dei cicloni:
I moti convettivi, che agiscono spostando l’aria calda verso l’alto, creano una convergenza d’aria nella zona in cui si manifestano, ma questo fenomeno avrebbe vita breve se non intervenissero altri fattori. A fornire la struttura vorticosa a queste grandi masse d’aria contribuiscono la forza di gravità e la forza di Coriolis.
Quest’ultima riguarda la rotazione della terra attorno al proprio asse, che è nulla all’equatore, ma spostandosi di qualche chilometro in direzione di uno dei tropici assume un valore sufficiente affinché l’aria inizi a ruotare circolarmente attorno alla depressione, in modo sempre più veloce man mano che si avvicini all’occhio del ciclone, ovvero il centro del vortice ciclonico, dove si trova l’area di bassa pressione.
La deviazione data dalla forza di Coriolis alle correnti ventose segue un moto orario nell’emisfero boreale e antiorario nell’emisfero australe. I vortici ciclonici possono raggiungere dimensioni incredibili che arrivano a migliaia di chilometri di diametro, mentre il centro di solito ne misura qualche decina.
Ciclone, Uragano e Tifone, quali sono le differenze?
In realtà tifone, uragano e ciclone identificano lo stesso fenomeno meteorologico, ma vengono chiamati con nomi diversi in base alla regione in cui si verificano.
Con il termine Uragano si intende un vortice di massa d’aria che dai tropici si dirige verso l’oceano Atlantico settentrionale o l’oceano Pacifico nord-orientale.
I Tifoni si dirigono verso l’oceano Pacifico nord-occidentale, ovvero a largo di Cina e Giappone.
Il termine Ciclone, invece, venne utilizzato per la prima volta nel diciannovesimo secolo per indicare un fenomeno nell’oceno Indiano, deriva dal greco “kuklos” che vuol dire “circolare”.
Come si classificano i cicloni?
Vengono identificati come cicloni solo i venti che raggiungono una particolare intensità, al di sotto del quale si hanno le tempeste tropicali.
Per essere definito Ciclone è necessario che la velocità del vento raggiunga i 119 km/h, per la classificazione viene utilizzata la scala Saffir-Simpson, che fornisce una classificazione empirica sulla portata di danni che possono essere provocati, in base alla velocità dei venti.
- Categoria 1: venti che vanno da 119 a 153 km/h, danni minimi.
In questo caso si manifestano inondazioni di circa 1,5 metri oltre il livello medio nelle zone costiere e lievi danni ad alberi, insegne e strutture mobili.
- Categoria 2: la velocità del vento va dai 154 ai 177 km/h, danni moderati.
Nelle zone costiere si possono osservare inondazioni oltre i 2 metri.
Può essere necessario evacuare i residenti delle zone costiere più basse. Possono verificarsi anche alcuni danni a immobili.
- Categoria 3: la velocità dei venti sale tra i 178 e i 208 km/h, forti danni.
Inondazioni con un innalzamento del livello del mare fino a 4 metri, grandi alberi abbattuti, necessaria evacuazione dei residenti delle aree costiere, possibilità di interruzione dell’energia elettrica.
- Categoria 4: venti da 209 a 251 km/h, danni fortissimi.
Possono registrarsi gravi danni a edifici con possibile crollo dei muri portanti, le inondazioni possono raggiungere altezze prossime ai 6 metri rispetto al livello medio del mare.
- Categoria 5: venti con velocità oltre i 252 km/h, effetti disastrosi.
Possibile abbattimento degli edifici; alberi e strutture mobili rasi al suolo, forti inondazioni che possono superare i 6 metri rispetto al livello normale.
Il Ciclone più longevo: un fenomeno che non riguarda solo il pianeta terra
Una tempesta che appare molto simile agli uragani terrestri è la Grande Macchia Rossa presente sulla superficie di Giove. Venne scoperta la prima volta che l’uomo riuscì a osservare Giove attraverso il telescopio, circa 400 anni fa.
La lunga durata del fenomeno è dovuta al fatto che la grande massa tempestosa non incontra una superficie su cui esaurirsi e continua ad essere perennemente alimentata dall’elevato calore interno di Giove.
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